NUOVA ENERGIA

La natura umana non è una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perché compia esattamente il lavoro assegnato, ma un albero, che ha bisogno di crescere e di svilupparsi in ogni direzione, secondo le tendenze delle forze interiori che lo rendono una persona vivente. (John Stuart Mill)

lunedì 7 maggio 2018

CARCERI VOLONTARIE






Di Antonella Randazzo

Il giornalista Marco Liorni ha condotto un programma chiamato “Tra cielo e Terra”, trasmesso in varie puntate sulla Tv “Marco Polo”. Quello che colpisce dai contenuti di questo programma, è l’altissimo livello di repressione che può raggiungere l’essere umano, e non soltanto nella religione cattolica.

I monasteri hanno celle piccole come quelle delle strutture carcerarie, alcuni monaci non possono nemmeno uscire dal monastero, e hanno una giornata completamente preorganizzata dalle autorità superiori.
Le domande sono: cosa cambia rispetto al carcere? Ovviamente, l’elemento della volontarietà.
Questo può bastare per vedere questo fenomeno come comune e normale?

Perché esistono persone che volontariamente si rinchiudono in monasteri?

Dall’ebook di Antonio Fiorella, "Il labirinto della ragione", leggiamo:

“A modo suo Osho, (il Maestro che fondava il suo profondo senso critico sul rifiuto di qualsiasi valore trasmesso dalla società nel suo insieme, fosse di natura culturale o religiosa, tramandato dalla tradizione o adottato nella contemporaneità), insegna ad affrontare la vita con uguale distacco e discernimento, senza alcun timore reverenziale verso le gerarchie di ogni risma, con atteggiamento agnostico, per fare emergere la nostra individualità repressa... La Bibbia, la Torah, i Veda (i libri sacri dei cristiani, degli ebrei, degli hindu) sono stati scritti, trasmessi da una generazione all’altra e inculcati alle nuove generazioni per impedire all’individuo di mettersi sul cammino della verità. ”E la verità possiede una caratteristica importantissima: finché non la scopri in prima persona, per te non potrà mai essere davvero una verità.” Così come le leggi della fisica valgono dappertutto allo stesso modo, non può esistere un dio cristiano, un dio ebreo, un dio hindu. Le religioni, tutte, non sono mai state capaci di accettare i limiti della propria conoscenza di fronte ai fenomeni naturali; sono state sempre così “arroganti” da credere di poter spiegare tutto e da volere trasmettere “conoscenze fasulle” alle genti, trasformando “il mondo intero in un manicomio.” Le religioni orientali, induismo, giainismo e buddhismo, insegnano che le cattive azioni compiute nelle vite precedenti sono causa dell’infelicità nella vita successiva. Una spiegazione che si presenta, perlomeno in apparenza, più ragionevole di quella cristiana secondo la quale il peccato originale di Adamo ha condannato non solo l’intera umanità all’espiazione, ma ha anche determinato la discesa sulla terra del figlio di dio e la sua crocifissione. Insomma sarebbero seimila anni che il peccato originale mantiene la sua carica radioattiva. Buddha e Mahavira, con l’insegnamento della pratica della nonviolenza, “sono responsabili di 25 secoli di schiavitù dell’India.” Mentre Gandhi con il suo esempio ha insegnato “alla gente a essere violenta contro se stessa.” Osho, al contrario, non ha professato la filosofia della nonviolenza; il suo modello di vita si identifica nella riverenza verso la vita. E quindi rispetto tanto per la vita altrui quanto per quella propria. Perché rispettare, amare gli altri, e infierire contro se stessi? Qualsiasi uomo privo di spiccata intelligenza, ma forte di carattere, può diventare davvero pericoloso per sé e per gli altri, perché la sua determinazione può condurlo in un vicolo cieco. Vengono talvolta citate vite esemplari di santi che si percuotevano ogni giorno, finché il sangue usciva a fiotti. “Il giainismo è l’unica religione che permette a un monaco... di digiunare fino alla morte. Non lo chiamano suicidio... La parola santhara indica l’abbandono del desiderio di vivere, andare oltre il desiderio di vivere.” La naturopatia, una pratica Yoga, ha escogitato un modo per pulire l’intestino, quello d’ingoiare una strisciolina di stoffa lunga 10 metri... Io, racconta Osho, impedivo a mia zia di fare questo trattamento, ma quando me ne sono andato, è stata libera di ripulire se stessa, ed è morta. Gandhi, seguace della naturopatia, era solito farsi degli impacchi di fango, dei clisteri, ed era dedito all’osservanza “del mangiare questo e del non mangiare quest’altro...” Che senso ha la rinuncia? Come si può rinunciare a qualcosa, come il cibo o il sesso, se non con la repressione? “Se metti insieme tutte le cose condannate da tutte le religioni del mondo, ti renderai conto che hanno condannato l’intero genere umano... In verità continuerai a essere attaccato a tutte quelle cose, soltanto che avverrà in modo distorto.” E’ importante capire a fondo il fenomeno repressivo, che altro non è se non “il meccanismo di asservimento dell’uomo.” Infatti, aggiunge Osho, non esistono religioni che siano d’accordo su qualcosa, salvo che sulla repressione, poiché ciò consente loro di ridurre l’umanità in uno stato di soggezione psicologica e spirituale. La dipendenza della maggior parte delle persone, da alcune categorie particolari del genere umano, è sorprendente. Politici, preti e pandit hanno sempre agito in combutta mettendo la religione al servizio delle istituzioni. Quanti un tempo si rivolgevano al sacerdote, ora - se sono ricche e raffinate - vanno dallo specialista di turno (psicanalista, personal trainer o dal farmacista), “ma si tratta sempre della stessa gente.”
Cosa avevano in comune Socrate, Al Hillaj Mansur e Gesù da suscitare l’ostilità di molti dei loro contemporanei? Erano degli illuminati, dicevano cose che “disturbavano” il sonno delle autorità, invitavano i seguaci a seguire percorsi alternativi... Pablo Picasso diceva di aver impiegato quarant’anni della sua vita per superare quello che gli avevano insegnato da giovane. Ad un uomo che lo accusava di dipingere come un bambino di cinque anni il pittore rispose: "Magari potessi!" “La comunicazione avviene attraverso le parole, la comunione attraverso il silenzio.” Liberati dal sapere dottrinale e conquisterai l’armonia. Aumentando il numero degli illuminati, con l’elevarsi del livello dell’energia meditativa, molte cose cambieranno. La confusione regna sovrana in molte menti appartenenti a tutti gli strati sociali; le popolazioni restano schiave di assurde credenze, legate a rituali inibitori e propiziatori. La semplice idea della creazione, afferma Osho, ci trasforma in qualcosa di arbitrario, nel frutto del capriccio divino... Secondo i dettami delle chiese non “ti è permesso pensare,” perché pensare ti porterebbe fuori strada. Devi invece avere fede, coltivare la fede, recitare il mantra, le giaculatorie che accrescono la fede, che equivale a commettere il suicidio della propria intelligenza. E ricorda, insiste Osho, la mia verità non potrà mai diventare la tua verità, perché non c’è modo di trasferirla da una persona all’altra. Solo se coltivi una visione distaccata e fuori dal tempo diventi un uomo libero. Una élite di uomini senza scrupoli cerca d’imporre la dittatura globale servendosi di ogni mezzo. Nel costatare com’è distribuita la ricchezza e nel prendere atto del dominio culturale in essere, si fa davvero poca fatica a crederci. A spanne tutti abbiamo una chiara visione del mondo a forma di piramide: ogni istituzione è governata da una minoranza prevaricatrice sulla maggioranza. Diventa invece raccapricciante la scoperta di programmi di manipolazione mentale - nei meandri del potere democratico! L’esercizio del dominio attraverso riti satanici, violenze, stupri, delitti programmati - “la mentalità nazista non morì col 1945.” ... La scienza, quando si ferma a contemplare solo quello che è spiegabile o ripetibile, e mette all’indice tutto il resto, fa opera di disinformazione. Come ignorare alcune pratiche antiche di guarigione, le energie che i sensitivi riescono a cogliere, la disposizione dei “menhir in corrispondenza di faglie della superficie terrestre che producono effetti magnetici? … Noi siamo la somma totale delle nostre esperienze eterne, non esiste una cosa come la morte … Siamo ciò che immaginiamo di essere … le decisioni che prendiamo e le vite che scegliamo prima dell’incarnazione … ciò vale per i genitori che scegliamo … per il colore della pelle …” Difficile credere ad ognuna di queste affermazione, ma non è meglio che affidarsi alle dottrine dominanti. L’esortazione di fondo è di diffidare delle illusioni di libertà. Il sistema dei partiti avrebbe creato il teatrino dei finti opposti che si alternano al gioco del comando. Il mondo finanziario non sarebbe da meno. I mezzi di comunicazione - le forze di polizia della zona senza grattacapi - hanno la funzione d’ipnotizzare le coscienze, a mezzo del “cancro mentale dei giochi a premi e delle telenovele.” Solo se l’individuo libera il proprio genio, potrà affrancarsi dalla prigione delle paure e delle coercizioni.”[ Fiorella Antonio, "Il labirinto della ragione", Pro.www.edi, 2013].

Viviamo su un pianeta in cui esistono potenti e antiche tradizioni religiose, che insistono sul fatto che la “povertà” e la sottomissione ad un’autorità esterna possono essere modi per raggiungere obiettivi spirituali.

E’ noto che alcuni ordini religiosi impongono regole rigidissime, ad esempio, una Regola di alcune confraternite religiose era quella di non avere fiori nella cella o di non potersi occupare di animali di compagnia.

Se si visitano i monasteri o altre strutture del genere, si notano le celle piccole e spoglie, come fossero celle carcerarie, con piccole fessure per ricevere il cibo. La vita nei monasteri era scandita da tempi voluti dalle autorità, e l’individuo doveva sostanzialmente rinunciare a tutto quello che poteva scaturire dalla sua volontà.

Se si guarda in maniera oggettiva e distaccata al “lato oscuro” della scelta di rinunciare ad un’esistenza creata dal proprio mondo interiore, si scoprono molte cose.
Ad esempio, il soggetto può aver vissuto sin dall’infanzia una situazione emotiva e affettiva che lo spingeva al distacco e alla rinuncia, come potrebbe essere un’infanzia priva di vera considerazione per il suo mondo interiore.

Ma ci potrebbe anche essere una reazione impulsiva di fuga o di negazione rispetto a conflitti irrisolti; una “ribellione” alla famiglia o al proprio contesto sociale, com’è accaduto nel caso di molti giovani che avevano partecipato alle contestazioni del ’68. Tempo fa conobbi una di queste persone: apparteneva ad una famiglia benestante, e aveva praticamente tutto quello che ogni persona vorrebbe. Avrebbe potuto svolgere lo stesso lavoro del padre, che era un avvocato e aveva uno studio ben avviato, e avrebbe potuto vivere in un lussuoso appartamento e avere una qualità della vita ragguardevole. Ma, inaspettatamente, a circa venti anni, conosce un gruppo spirituale capeggiato da uno dei tantissimi guru indiani. Si converte, insieme al fratello, e prende i voti per diventare monaco. Questi voti sono rigidissimi, e chiedono il totale sacrificio e la totale dedizione. I due giovani si assoggettano completamente, facendo voto di castità, povertà e obbedienza, suscitando sconcerto in famiglia. La loro vita diventa di scarsa qualità, scandita dai rigidi tempi della meditazione e di altre attività imposte dalle autorità. Addirittura, dopo la morte del padre non potranno ereditare gli appartamenti e i beni dell’eredità.

In questo caso, un’esistenza agiata viene abbandonata per un totale sacrificio, un’abnegazione. Si perde la libertà e si entra in una cella, non per seguire una tradizione ma come ribellione ad un’esistenza prestabilita.

Alcuni autori hanno visto in queste scelte anche la rabbia inespressa (magari verso i genitori o la società), la voglia di annullamento e la pulsione distruttiva.

Di certo, comportamenti simili hanno significati diversi a seconda della persona in questione. Ovviamente, è diversa la povertà di Teresa di Calcutta rispetto a quella di un giovane hippy. Com’è diversa la rinuncia di un frate rispetto a quella di un giovane che sceglie di vivere una vita virtuale utilizzando l’Iphone o l’attaccamento viscerale al computer.

Scegliere una vita sociale “digitale” piuttosto che reale non suona come una rinuncia, ma di fatto lo è. A volte la "rinuncia" non è un "rifiuto" ma semplicemente un seguire la corrente dominante, perdendo la libertà senza sentirsi assoggettato.

Chi è concentrato sull’ammassare beni materiali, o chi è motivato dall’apparire, non crede di stare in un carcere. Le celle di un carcere possono non avere muri, ma non per questo essere meno severe. Chi rinuncia ad essere per concentrarsi sull’apparire o sull’avere, rinuncia a trovare il senso del suo essere al mondo. Perdendo la sua vera identità, perde il suo sentiero per ritornare a se stesso.

Ma la schiavitù si svela sempre attraverso un senso di vuoto, di insoddisfazione e di profonda infelicità. E’ questo che induce chi ammassa beni materiali a diventare avido: ogni bene accumulato gli da’ un senso di soddisfazione che sfuma presto, chiedendo altri beni. Allo stesso modo, chi cerca popolarità o “successo”, ottenendolo, si accorge di non essere realmente più felice di prima, e cerca ancora più visibilità, più popolarità. Non sono certo poche le celebrità che si sono autodistrutte.
Le carceri in cui miliardi di persone entrano volontariamente, offrono illusioni che tendon a persistere. Molte di queste carceri non vengono percepite come tali, e per questo continuano ad accogliere persone.

Moltissime persone non sanno di vivere in un carcere volontario, ma potrebbero accorgersene facilmente, semplicemente facendo qualcosa di spontaneo. Ad esempio, anni fa furono arrestate 18 persone all'interno del Thomas Jefferson Memorial di Washington, colpevoli di aver ballato. Ovviamente, gli arrestati dicevano di non aver commesso nulla di illegale, ma il giudice federale John D. Bates decise di condannarle e di assolvere le guardie che le avevano arrestate, sostenendo che all'interno del memoriale occorreva tenere un atteggiamento rispettoso, e di conseguenza l'operato della sicurezza era giustificato.

Per protesta, un piccolo gruppo di attivisti decise di organizzare una giornata di "disobbedienza civile", ma non vi furono effetti.
Si può pensare che questo fatto abbia poca importanza, ma di certo svela qualcosa di importante: viviamo in un sistema che tende a volerci assoggettare completamente, vietandoci cose che non rappresentano affatto reati.

Le persone che ballavano non stavano disturbando nessuno, ma stavano irritando il sistema rigido di autorità.
Andando oltre questo fatto, comprendiamo che il nostro comportamento è limitato e depotenziato, in modo tale da adattarci al contesto in cui viviamo. Ci accorgiamo che il sistema si basa proprio sul depotenziamento degli aspetti che potrebbero impedirci di entrare nel carcere volontario. E’ depotenziata, l’arte, la cultura, la società, la politica, i rapporti umani, i sentimenti, ecc.

E’ depotenziata la fede, svuotata di ogni significato e valore, attraverso religioni autoritarie che sottraggono libertà. E’ depotenziata la vita emotiva e l’immaginazione dei nostri figli, soffocati da una tecnologia sempre più invadente. E’ depotenziata la nostra esistenza quotidiana, da una routine che spesso svuota da ogni passione e autentica emozione. Ogni atto di vera libertà diventa un atto folle, in un sistema in cui pochi ormai rivendicano anche soltanto il diritto di esprimere il proprio essere umani.




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